14. September 2006 - www.korazym.org

In crisi: focus sulla chiesa tedesca

di Sara Bauducco

Storia e spiritualità si intrecciano tra le cause della crisi della chiesa cattolica in Germania: dalla carenza di vocazioni all’abbandono della fede dei tedeschi. Un’analisi alla luce anche del messaggio lasciato da Benedetto XVI.

Da uno dei nostri inviati

MONACO - La chiesa cattolica tedesca soffre e tutti lo vedono: gente che si allontana dalla fede, giovani che si fermano ad un dialogo interconfessionale solo apparente, carenza di sacerdoti, tradizioni che si perdono e difficoltà del clero a vivere la propria spiritualità. I tedeschi, incontrati nelle piazze durante la visita di Benedetto XVI in Baviera, regione che vanta la più alta percentuale di cattolici, chiedono una “nuova evangelizzazione”. Molti vanno alla ricerca delle cause, ma il papa, già nel discorso di sabato 9 settembre, nella piazza di Monaco, ha centrato il punto: “Il contesto sociale odierno è sotto molti aspetti diverso da quello del passato. Penso tuttavia che siamo tutti uniti nella speranza che le nuove generazioni restino fedeli al patrimonio spirituale che, attraverso tutte le crisi della storia, ha resistito”.

La tanto dibattuta questione sulla chiusura dei consultori femminili in Germania, esplosa subito dopo l’unificazione tra Est e Ovest nel 1989, è solo un aspetto e non la causa prima di questa situazione. “L’ala più impegnata della chiesa cattolica tedesca voleva proseguire con i consultori, considerate le quasi 5.000 nascite annuali da madri che si recavano a chiedere aiuto", spiega Andreas Englisch, giornalista della Bild Zeitung. Dal 1994 fino al 2001 la Conferenza Episcopale Tedesca ha lottato per mantenere aperti i consultori: “L’allora papa Giovanni Paolo II, schierato su una posizione piuttosto possibilista, affermava che la chiesa cattolica tedesca dovesse trovare al più presto una soluzione alla spaccatura - specifica Englisch - di altro parere era invece il cardinale Joseph Ratzinger e alla fine i consultori furono chiusi”. Le reazioni non si fecero attendere e la polemica si increspò: “La decisione di Roma non è piaciuta a questa parte di cattolici che si chiedeva il perché di una tale ingerenza su quello che era l’impegno sociale più forte della chiesa tedesca - continua Englisch - i vescovi tedeschi intanto continuavano ad ammonire dall’andare contro la decisione del papa. Di certo, l’interesse per la questione era rafforzato anche dalla perdita di centinaia di posti di lavoro”.

Impegno sociale ed evangelizzazione continuano a correre su due binari differenti: la separazione è troppo netta e all’interno della chiesa prevale il primo. Così, il papa invita a non lasciarsi travolgere dall’azione ma a mettere Dio al primo posto: “Dio deve diventare la forza determinante per la nostra vita e il nostro agire”. Immediate critiche al discorso del papa sono arrivate dal portavoce del movimento cattolico tedesco di riforma “Wir sind Kirche”, ramo nato nel 1995 in Austria dall’internazionale “We are Church”: “La Germania è un paese con una grande tradizione cristiana, (…) ma pure la Caritas è efficace”, ha dichiarato Christian Weisner, evidenziando gli ottimi risultati del Paese nelle due sfere.

“Dopo l’unificazione della Germania i tedeschi, confrontandosi, si chiedevano in cosa credere: c’era confusione perché si avevano storie diverse alle spalle", tratteggia il giornalista Werner Kaltefleiter. Il vescovo ausiliare di Monaco e Frisinga non ha dubbi: “Tutti i discorsi del papa sono stati una risposta alle domande e alle esigenze dei cattolici bavaresi”. La fede deve tornare al centro nella sua autenticità: “Un problema reale è la morte della preghiera nelle famiglie perché la nuova fede è il televisore”. Anche in questo, il vescovo riporta uno spunto del discorso che Benedetto XVI ha proposto domenica sera durante la preghiera dei vespri nella cattedrale di Monaco: “I genitori devono tornare a pregare con i figli”.

“Un altro indicatore di allontanamento dalla pratica religiosa e dalla fede è dato dalla fine della tradizione dei funerali - racconta Englisch - è molto comune, ad esempio, mettere la propria urna sotto l’albero in giardino; oppure il comune affitta parti di un bosco e chi vuole si sceglie un albero. Ormai ai funerali tedeschi si vedono sempre meno sacerdoti: la gente commemora o fa festa in onore del defunto”. Il vescovo ausiliare ribatte con una battuta: “I cattolici non molto praticanti vanno in chiesa solo con le ruote: prima da bambini, poi quando si sposano ed infine quando muoiono; però non vanno a piedi”. Il messaggio del papa raccoglie questa provocazione invitando i fedeli a non relegare la fede in una chiesa: “L’abbiamo ascoltato in questi giorni - termina l’ausiliare Siedler - è importante fare della preghiera un’esperienza quotidiana”.

Nella sola Monaco il 40% degli abitanti è cattolico, il 12% protestante e il resto, per lo più provenienti dalla ex Ddr d’impianto comunista, non praticante: “E’ una sfida difficile: bisogna studiare un’evangelizzazione per gli stessi tedeschi”, sintetizza il vescovo Siedler. La presenza di più fedi, ormai consolidatesi sul territorio, acuisce ancor più il disagio di chi è alla ricerca di una chiara identità religiosa, ad esempio i giovani: “La Germania è un Paese multietnico e multiconfessionale ma i giovani, tra di loro, credono di annullare le differenze evitando il dialogo e il confronto su temi comuni come la sessualità - riprende il giornalista Kaltefleiter - le domande sono le stesse ma vi sono approcci differenti da non sottovalutare: la chiave di lettura è la conoscenza reciproca”.

Ultimo grande nodo della crisi della chiesa cattolica tedesca è la mancanza di vocazioni e il distacco tra vecchia e nuova generazione del clero. “Non è una novità che oggi si faccia fatica a rispondere alla chiamata del Signore, - spiega Siedler - in più si aggiunge un cambiamento di spiritualità scatenato dal calo di fedeli nelle parrocchie: ultimamente, sempre più spesso, se c’è meno gente il sacerdote si sente libero di non dire messa. Bisogna invece pensare ad avere una vita spirituale permanente per riuscire a conservare la vocazione ed al fatto che si celebra non solo per la comunità, ma anche per crescere nella consapevolezza di essere un discepolo di Cristo”. Così come la caduta del muro ha dettato cambiamenti sociali, economici e politici che hanno avuto ripercussioni anche sulla vita della chiesa, allo stesso modo il Concilio Vaticano II fa da spartiacque: “I parroci del preconcilio pensano che si lavori per la gente e non per se stessi, ecco perchè bisogna puntare di nuovo sulla spiritualità del sacerdozio - conclude il vescovo Siedler - i giovani sacerdoti, invece, molti dei quali provenienti da movimenti come il Neocatecumenato e la Comunità Emmanuel, non sanno neppure cosa sia il Concilio”.

Zuletzt geändert am 18­.09.2006