16. September 2006 - il Riformista
Quelli che la «Chiesa siamo noi» i cattolici della democrazia dal basso
DI GIANDOMENICO BONANNI
Quelli che la «Chiesa siamo noi» i cattolici della democrazia dal basso
Vescovi eletti dai fedeli, sacerdozio femminile e no al celibato
Vescovi eletti direttamente dai fedeli, apertura del sacerdozio alle donne, abolizione del celibato obbligatorio per i preti e del proibizionismo in materia sessuale, una chiesa che annunci la lieta novella senza dover ricorrere ad alcuna minaccia. No, non è una gara della bestemmia, ma l’elenco delle richieste di un movimento cattolico di base che solo nei paesi di lingua tedesca è riuscito a raccogliere due milioni e mezzo di firme. Si chiama Wir sind Kirche, che vuol dire «la chiesa siamo noi», ed è un’iniziativa lanciata nel 1995 in Austria e propagatasi rapidamente in Germania. «Ci ispiriamo alle idee del Concilio Vaticano II e vediamo la chiesa come comunità», sostiene Christian Weisner, membro della branca tedesca dell’organizzazione. «Con il nostro appello, dimostriamo che lo spirito conciliare, ormai, si è diffuso tra il popolo della chiesa. Certo, in dieci anni non siamo riusciti a ottenere risultati concreti rispetto alla trasformazione del diritto canonico. Eppure le questioni che poniamo hanno avuto una grande risonanza a livello internazionale».
Il rinnovamento della chiesa, insomma, non è un problema sentito soltanto dai cattolici che vivono nei paesi dell’area protestante. Ma tra quelli nati nella terra di Lutero la domanda di cambiamento è fortissima e l’ecumenismo una realtà. «Con il mondo dell’associazionismo cattolico - spiega Weisner - abbiamo rapporti di stretta collaborazione. Il Comitato centrale dei cattolici tedeschi, per esempio, un’associazione di laici che ha centocinquanta anni di storia alle spalle, ha fatto proprie le nostre richieste». Del resto, non è un segreto che in molte chiese cattoliche tedesche i sacerdoti che officiano la messa invitano tutti i presenti partecipare all’eucaristia e distribuiscono l’ostia senza fare distinzioni di confessione. Anche se è bene non esporsi troppo.Ne sa qualcosa Gotthold Hasenhüttl, sospeso a divinis per aver comunicato cattolici e protestanti durante il primo incontro ecumenico svoltosi tre anni fa a Berlino. Se fosse successo in una parrocchia di provincia, nessuno se ne sarebbe accorto. Ma c’erano i giornalisti e la cosa fece scalpore. Così la punizione fu esemplare.
Wir sind Kirche ha accompagnato la visita del Papa in Baviera con una sorta di controprogramma. Alla vigilia dell’arrivo di Ratzinger, il movimento ha scritto una lettera aperta «al Vescovo di Roma e ai vescovi tedeschi», ribadendo la necessità di riformare la struttura di una chiesa che la gente sente lontana. «Ma Ratzinger ha sempre evitato di confrontarsi con noi. Da cardinale, ordinava ai vescovi di boicottarci. Da Papa, rifiuta di incontrarci. Ma sappiamo che ci segue con attenzione.Tanto che nel suo libro Il sale della terra ha dedicato un intero capitolo alle nostre critiche». Eppure Ratzinger, sollecitato dal presidente tedesco Horst Köhler, un protestante, ha detto che sarà necessario impegnarsi «col cuore e la testa» per riavvicinare le due confessioni. «Sì, ma ha anche detto che non si possono cancellare cinquecento anni in un colpo solo. Comunque sia, noi abbiamo salutato questa apertura. Solo che non bastano le buone intenzioni, servono passi concreti che testimonino una reale volontà. Per esempio, la chiesa cattolica potrebbe consentire alle coppie miste di partecipare insieme alla comunione. Il fatto è che quando Ratzinger parla di ecumenismo guarda anzitutto alla chiesa ortodossa, con la quale il rapporto è meno problematico. Con i protestanti si comporta diversamente. Ieri, per esempio, in occasione della preghiera ecumenica tenutasi nel duomo di Ratisbona, non li ha chiamati “fratelli e sorelle”, ma “amici”. Lo stesso appellativo che aveva usato l’anno scorso a Colonia per rivolgersi ai musulmani. Da notare, inoltre, il fatto che non abbia neppure menzionato il secondo incontro ecumenico che si terrà a Monaco nel 2010».
E se la chiesa cattolica fosse di per sé incompatibile con il pluralismo del mondo contemporaneo? E’ davvero realistico pensare di riformare un’istituzione che si ritiene depositaria della verità rivelata ed è riuscita a durare duemila anni proprio grazie alla sua struttura gerarchica? «Nel corso della sua storia, il cristianesimo si è adeguato ai contesti più diversi. Il problema è che nell’Ottocento, proprio quando i paesi occidentali hanno iniziato il loro cammino verso la democrazia, il Vaticano si è trasformato in una monarchia. Eppure la chiesa ha una tradizione sinodale e pluralistica. Se vogliamo rilanciare il cattolicesimo nel terzo millennio, sarà indispensabile riscoprirla».
Zuletzt geändert am 17.09.2006